Revocato l’appalto al consorzio Oasi per il CIE di BO

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Cie, stop della prefettura al gestore
revocato l’incarico al consorzio Oasi

 

Angelo Tranfaglia ha rescisso il contratto per la gestione del centro di identificazione ed espulsione per migranti di via Mattei. Violazioni e dipendenti senza paga: slitta la riapertura

di LORENZA PLEUTERI

 

Sembrava imminente, conclusi i lavori di tinteggiatura e di riparazione, la riapertura del contestato Centro di identificazione ed espulsione per migranti di via Mattei. Invece tutto è rinviato a data da destinarsi. I cancelli restano serrati, le gabbie vuote. Il prefetto Angelo Tranfaglia ha rescisso il contratto con il consorzio siracusano, l’Oasi, cui l’anno scorso era stata appaltata la gestione del centro, a cifre ridotte ai minimi termini: 28 euro di rimborso giornaliero per ogni “trattenuto”, contro i 69,5 del precedente contratto con le Misericordie. Interrogazioni, richieste e preoccupate dichiarazioni — a cominciare da quelle dell’onorevole Pd Sandra Zampa e del garante dei detenuti Desi Bruno — non erano bastate a rimettere in discussione né le coordinate dell’appalto né la scelta del consorzio l’Oasi, gemmato da cooperative e onlus che in Sicilia si erano dimostrate inadeguate e insolventi.

I timori si sono concretizzati. Il primo dicembre 2012 il consorzio ha preso possesso di via Mattei. Le condizioni di vita delle donne e degli uomini rinchiusi nel centro, degradato anche dal punto di vista strutturale, sono andate via via peggiorando. L’ex caserma è stata ridotta a un contenitore di vite a perdere, senza più diritti e senza più nulla da perdere, con livelli di assistenza indecenti e le tensioni e la rabbia sfociate più volte in fughe, rivolte, incendi, labbra cucite con il filo. L’Ausl ha evidenziato carenze e lacune. Il sindaco Virginio Merola, con gli occhi colmi di lacrime dopo una visita, è arrivato a definire il Cie “il cuore di tenebra di Bologna”. Qualcuno ha parlato di “lager” e “porcile”. La Cgil ha presentato un espostodenuncia confluito in procura in un fascicolo conoscitivo senza indagati né ipotesi di reato. L’Oasi, intanto, non ha pagato i 29 dipendenti fissi, i medici, gli infermieri e lo psicologo assunto con un contratto a progetto che portava valore aggiunto e umanità. Una deriva testimoniata da sfoghi, fotografie, video. La prefettura prima ha deciso di chiudere la struttura per fare lavori urgenti all’interno, partiti a metà marzo e conclusi da poco. Poi, a cantiere aperto, ha portato a cinque le contestazioni formali per gravi violazioni del capitolato. E, qualche giorno fa, è partita la lettera di rescissione del contratto. Ora, in raccordo con il Viminale, si dovrà decidere se affidarsi a un gestore temporaneo o lasciare il Cie chiuso fino all’aggiudicazione di un nuovo appalto.

Per i lavoratori del centro un’altra tegola in testa. Piazza Roosevelt ha anticipato le paghe arretrate, riservandosi il diritto di rivalersi sul consorzio appena scaricato. Fino all’11 giugno i dipendenti dovrebbero essere coperti dalla cassa integrazione, poi non si sa. Lo psicologo del “progetto sociale”, a maggio licenziato in tronco dall’Oasi, non prende un euro da dicembre e non sa più che fare per avere quello che gli è dovuto. La prefettura sta cercando di capire se si debba accollare anche il suo stipendio, a fronte del Viminale che dice di no, e se ci siano sufficienti fondi ministeriali per finire di pagare gli incolpevoli lavoratori. I cassintegrati non hanno ricevuto le indennità di malattia e le maggiorazioni festive, in teoria sempre a carico di piazza Roosevelt. In mano il prefetto ha solo un fax. Il consorzio Oasi gli ha promesso che la prossima settimana pagherà tutti.

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