Il 16 giugno scorso ci hanno fermato a bordo di un auto di proprietà di uno di noi in viale Ciro Menotti, in Modena. Ci hanno perquisiti sul momento, rinvenendo che nei nostri zaini erano presenti abiti scuri e nell’auto erano sistemati due paia di guanti, un coltello serramanico e uno da cucina.
Portati in questura, hanno formulato a nostro carico l’accusa di “tentato incendio”, dopo un presidio di solidarietà ai ragazzi detenuti al CIE, definito dagli inquirenti come un atto militare portato avanti su più fronti della struttura da una ventina di incappucciati vestiti di nero. Tra questi il Capo ( tale perché vestito di un diverso colore dagli altri) avrebbe sparato con una pistola lanciarazzi una decina di colpi in direzione dei militari, i quali, per “evitare il peggio”, si sarebbero dovuti riparare dietro una jeep. Uno di questi colpi avrebbe incendiato la siepe posta a barriera visiva della struttura; spento dai pompieri pochi minuti dopo, questo fuoco avrebbe danneggiato l’impianto d’ illuminazione esterna della struttura .
In luglio il tribunale del riesame ha modificato il quadro accusatorio indagandoci per “danneggiamento pluri-aggravato in concorso” con ignoti. Le aggravanti contestate sono due: il fatto che la struttura sia pubblica, e la violenza sulle persone. Dal 16 giugno ad oggi il processo è stato rinviato due volte e a nulla sono servite le nostre numerose richieste di revoca dell’obbligo dimora con restrizioni notturne imposteci dal giudice Manuela Cortelloni.
Questo è il quadro processuale costruito dalla questura e supportato dal magistrato.
Ve ne abbiamo voluto fare la descrizione per farvi capire come gli sbirri possono trasformare un presidio di solidarietà in quello che gli serve per reprimere i percorsi conflittuali e di supporto/solidarietà reale. In questo modo gli unici percorsi legittimati “contro” i Centri di identificazione ed Espulsione sono quelli di indignazione contro la violenza poliziesca su immigrati inermi, petizioni al presidente della Camera, o di richiesta di una qualche riforma più “giusta” ; allo scopo di evitare che una critica ai CIE possa essere un’ avversione al sistema che li ha generati e riempiti.
Ora i CIE di Modena, Bologna, Crotone, Brindisi, Catanzaro,Trapani sono chiusi grazie alle continue rivolte dei migranti detenuti, che colpo su colpo hanno reso inagibili le strutture.
Crediamo che chi combatte da anni contro questi campi di concentramento non possa attribuirsi il merito di aver chiuso alcuni CIE, sicuramente possiamo attribuirci il merito da aver dato forza e speranza ai detenuti, di aver cercato di rompere l’isolamento tra chi è dentro e chi fuori, facendo uscire le loro storie, o di far entrare il nostro supporto, di aver messo il bastone tra le ruote a quella gentaglia che sulla pelle dei rinchiusi ha cercato di far soldi e potere: Misericordie, Croce rossa italiana, Cooperative sociali, Polizia, Esercito …Di non essere stati a guardare.
Dopo le migliaia di persone morte sprofondate nel Mediterraneo, spiaggiate sulle coste siciliane o impigliate nelle tonnare, lo Stato sta facendo vedere il suo volto più ipocrita e pericoloso, da un lato sta cercando di recuperare consensi attraverso la propaganda più becera: funerali di stato, dirette TV, pietà mass-mediatica…dall’altro rinforza Frontex (la polizia di frontiera europea), ristruttura e sorveglia i CIE chiusi, continua con le espulsioni coatte, usa droni e cacciatorpedinieri per intercettare i barconi in arrivo, costruisce enormi radar per sorvegliare dettagliatamente la costa sud europea (MUOS).
Queste sono evidenze che ci portano a pensare che la lotta contro lager, espulsioni e il mondo che usa questi mezzi per arricchirsi e dominare, sia ancora lunga e di conseguenza gli vada attribuita sempre rinnovata energia d’attacco, per continuare a colpire i nemici della libertà e della giustizia dove sono più scoperti, ovvero dove le contraddizioni da loro stessi esasperate possano diventare focolai di rivolta individuale e non.
Così, pensiamo che la solidarietà (abbondantemente ricevuta e apprezzata in questi mesi di restrizioni cautelari), oltre ad avere una forte valenza umana, essendo gli anarchici scudo di loro stessi, sia una delle vie migliori per ridare forza ai percorsi conflittuali, sempre con occhio costruttivamente critico sui percorsi passati, per trovare metodi sempre più incisivi.
Andrea, Gabriele, Sabbo