Servizi inadeguati, contabilità irregolare e pasti scarsi: rinvio a giudizio per 3 dirigenti della gestione
dalla Gazzetta di Modena
Caso Cie: rinviati a giudizio tutti e tre i dirigenti della società che fino al dicembre 2013 ha gestito la struttura per extracomunitari in attesa di rimpatrio. Lo ha deciso ieri mattina il gup Eleonora De Marco al termine dell’udienza preliminare, fissando la prima udienza del processo davanti al giudice monocratico per il 24 maggio 2016.
Il sostituto procuratore Marco Niccolini ha quindi ottenuto il rinvio a giudizio per il presidente, l’avvocato siracusano Emanuele Midolo, e due dirigenti: Marco Bianca, ex direttore a Modena, e Ettore Marzi, ex coordinatore, tutti difesi dall’avvocato Pier Luigi Spadafora. Sono accusati del reato di truffa aggravata ai danni dello Stato in merito a presunte frodi nelle pubbliche forniture e irregolarità contabili che riguardano, come noto, anche la gestione del personale.
Dopo anni di gestione da parte dell’associazione La Misericordia guidata dal dottor Daniele Giovanardi, il Cie di Modena era stato assegnato al consorzio siracusano dal prefetto Benedetto Basile in base a una decisione che all’epoca suscito stupore.
La firma del contratto arrivò dopo una lunga serie di rivolte degli “ospiti” clandestini da rimpatriare che si lamentavano per le condizioni di vita disumane nelle quali erano costretti a vivere. Ma proprio intorno a queste proteste e lamentele da parte degli immigrati rinchiusi, che venivano definiti “ospiti”, era in corso, senza che se ne sapesse nulla, un’accurata indagine della guardia di finanza di Modena coordinata dal pm Niccolini che cercava di mettere mano ai conti e capire come veniva effettivamente gestita la struttura dopo un appalto con fortissimo ribasso (calcolato in base a una diaria standard per “ospite”).
Così pochi mesi dopo la chiusura della struttura (dicembre 2013, si venne a sapere della conclusione dell’indagine con la quale si era accertato, secondo l’accusa, che il consorzio siciliano si è «reso responsabile di molteplici inadempienze relativamente agli aspetti contabili e della sicurezza sui luoghi di lavoro. Inoltre lo stesso non aveva provveduto a somministrare servizi secondo le modalità qualitative e quantitative previste dal capitolato d’appalto».
Le rivolte sarebbero state originate dalla «mancanza di medicinali e di adeguate terapie mediche; la fornitura agli ospiti dei prescritti kit di vestiario non completi e non sostituiti nei tempi previsti (ogni tre giorni); il personale presente inferiore a quello previsto; la fornitura di pasti di porzioni scarse e di scarsa qualità». Inoltre è emerso che il consorzio aveva presentato dei certificati di regolarità contributiva (Durc) che non corrispondevano alla posizione reale.
di Carlo Gregori