fonte:macerie
Sul CPR di Corso Brunelleschi
Un articolista de La Stampa Torino, dal cuore più sensibile rispetto agli standard dei suoi coredattori, ha pensato di scrivere un pezzo sul Cpr torinese, di quelli dal sapore un po’ acidulo dell’inchiesta che di tanto in tanto spuntano fuori sulla carta stampata o pixelata. Non ci interessa granché quale sia stato il moto d’animo di questo tale che solo ora, come il fanciullino di Pascoli, scopre la bellezza del mandorlo in marzo e che nei Centri vengono somministrati psicofarmaci. Vaglielo a dire che l’acqua calda l’hanno scoperta da un pezzo, che tre caravelle sono approdate in America e che nelle prigioni, che siano per senza documenti o per chi delinque, una delle maniere per sedare chi sta in cattività è quella della distribuzione di pilloline, talvolta offerte, talaltra usate come condimento del pasto.
Noi invece che siamo gente cinica, che al candido stupore giornalistico preferisce la rabbia, vi riportiamo un episodio raccontatoci dai reclusi del Cpr, uno dei tanti che costituiscono la norma di questi luoghi: un ragazzo tunisino col quale si avevano contatti telefonici quotidiani è stato deportato nel tardo pomeriggio dell’altro ieri dopo che la polizia è entrata nell’area gialla nella quale stava, lo ha avvolto schifosamente con lo scotch e lo ha portato via.
Non è la prima volta che avviene e certo le forze dell’ordine non hanno avuto remore di fronte alle sue già precarie condizioni fisiche; Mustafah avevano già provato a rimpatriarlo una decina di giorni fa e lui si era inflitto profondi tagli al braccio per ricavarsi del tempo, era finito in ospedale e poi di nuovo al Centro dove aveva iniziato uno sciopero della fame. L’idea di essere portato in Tunisia non era concepibile per lui che, arrivato ragazzetto, da vent’anni stava a Torino, nella zona di Porta Palazzo. Per qualche anno era riuscito ad avere il permesso di soggiorno perché sotto contratto lavorativo, ma un infortunio gli aveva fatto perdere questo requisito per avere le carte in regola. Da quel momento più di una volta era finito al fu Cie ma una pesante asma gli assicurava l’uscita.
Per quest’ultima reclusione la polizia è andata a prenderlo a casa e, come la maggior parte delle volte avviene, condizioni fisiche e autolesionismo non sono state passepartout per la libertà.
macerie @ Marzo 31, 2017