Gli avvocati in visita al Cie: “Condizioni al limite del disumano”
I rappresentanti dell’Unione Camere Penali in visita alla struttura di via Lamarmora che oggi ospita 41 stranieri. Duro il bilancio, che fa maturare la necessità di rivedere radicalmente, per legge, queste soluzioni di detenzione. Francesco Baraldi 4 luglio 2013
Dopo aver visitato Milano, Roma, Crotone e Gradisca, gli avvocati dell’Unione Camere Penali hanno fatto tappa a Modena e dedicato due ore al sopralluogo del centro di identificazione ed espulsione di via Lamarmora, giungendo così a metà del loro tour che li porterà a visitare tutte le strutture del Paese. L’obiettivo dichiarato dei penalisti è quello di delineare un quadro oggettivo e dettagliato, per poter proporre una modifica normativa alla legge sul trattenimento degli stranieri, che oggi è attuata d facto in modo controverso e problematico.
Manuela Deorsola, membro della Giunta nazionale Ucpi, racconta nel dettaglio le condizioni in cui sono chiamati a vivere i 41 ospiti che, a ieri, sono ospitati al Cie, a fronte di una capienza di 45 persone. “Come in tutta Italia, le strutture sono brutte – spiega la Deorsola – le camere dove gli stranieri stanno sono terrificanti, i bagni al limite decenza, non hanno letti, vivono su strutture di cemento, non hanno nessun lenzuolo e gli vengono forniti degli asciugamani molto sporchi. A quanto abbiamo capito, le difficoltà maggiori vengono dalla questione dell’ente gestore: i detenuti dicono che mangiano male, che i pranzi provengono da fuori e arrivano freddi o scongelati”.
Tuttavia, il clima che si respira all’interno del Cie non è teso come in passato o come in altre città, ma il fattore decisivo è sicuramente la noia, come spiega Enrico Fontana, Presidente Ucp di Modena: “Non vi sono spazi ricreativi a differenza di tutte le strutture di detenzione, che hanno campi da calcio, da basket, strutture sportive o biblioteche. Per chi rimane trattenuto con condizioni al limite del disumano per 6 mesi, senza sapere come passare il tempo, la situazione diventa veramente intollerabile”. La conflittualità esploderebbe perciò, secondo Fontana, proprio dall’esasperazione per le condizioni di detenzione, unite all’assenza di validi motivi per essere trattenuti per un periodo così lungo.
E questo è proprio il vulnus dell’intera analisi svolta dagli avvocati. La normativa prevede che gli ospiti, che come abbiamo visto i penalisti preferiscono chiamare “detenuti” a tutti gli effetti, possano rimanere per 18 mesi in attesa di essere identificati ed espulsi. Nel concreto, il Cie di Modena ha un tempo di trattenimento medio di 5-6 mesi, ma all’interno si sviluppano alcuni paradossi, come ad esempio il fatto che vi siano stranieri che provengono da una pena di diversi anni in carcere e semplicemente sono passati da una struttura all’altra. Pare perciò evidente che la funzione dei Cie deve essere profondamente ridiscussa.
Infine, come ha sottolineato Michele Passione, dell’Osservatorio Nazionale Carceri, nella struttura modenese manca ogni forma di servizio integrato a sostegno delle persone ospitate. Mentre in altre città italiane vi sono sportelli legali, associazioni di volontariato e altri servizi di supporto, a Modena l’ente gestore, le cui difficoltà sono note, non ha messo in campo nessuna iniziativa di questo tipo, contribuendo a peggiorare il clima.