La vicenda della “finta esecuzione stile ISIS” di Vignola, in provincia di Modena, è un tema che ha monopolizzato i giornali locali nell’ultima settimana e andrebbe analizzata in un quadro più ampio del “fondamentalismo religioso”.
Per chi non fosse al corrente dei fatti, si tratta del caso di martedì 5 gennaio cinque amici vignolesi vengono fermati da un gruppo di ragazzi nordafricani che, puntando una pistola a salve, chiedono loro se credano in Dio o in Allah. Poi scoppiano a ridere, sparano in aria, e dicono ch’era uno scherzo. Nei giorni seguenti, i cinque raccontano l’episodio ai genitori che denunciano il tutto ai carabinieri. Conseguendone un caso mediatico dai toni allarmisti, uno dei nordafricani si affretta a consegnare la scacciacani in caserma spiegando ch’era solo uno scherzo da ubriachi e scusandosi pubblicamente con i ragazzi e le famiglie; ne ottiene una denuncia per violenza privata. Ma ormai è tardi per i pentimenti; la sicurezza cittadina è messa a repentaglio dalla “follia islamica”. Il popolo del web si scatena in commenti razzisti e proposte di espulsione dei responsabili, mentre i pochissimi che cercano di ridimensionare i toni della discussione vengono accusati di “pericoloso buonismo”.
Il terreno è fertile e tutti i partiti di destra colgono la palla al balzo per aizzare i cittadini contro gli immigrati, per schierarsi contro la “boria violenta che ha spezzato l’adolescenza ad alcuni ragazzi modenesi”.
La Lega indice una fiaccolata a Vignola il 10 gennaio. Forza nuova un presidio a Modena il 16.
Ma se vogliamo comprendere quello che succede attorno a noi senza inciampare in facili allarmismi serviti quotidianamente dai media e conditi di odio razziale da questo o quell’altro nostalgico fascista, dobbiamo compiere alcune importanti riflessioni.
Tante parole sono state pronunciate sull’ ISIS, sui tragici attentati di Parigi (volutamente tacendone altri in Iraq, Turchia, Palestina, Siria, ecc., siglati NATO), ma molto poco ci si è interrogati sulle motivazioni per cui giovani siano pronti ad immolarsi in nome di un nuovo governo islamico. Ci si è più spesso accontentati dell’accusa di “assurda follia”. Ma la realtà è che per chiunque covi rabbia per aver patito in qualsiasi parte del globo perché musulmano, clandestino, inferiore, l’ Islam combattente rappresenta un senso di appartenenza.
Per alcuni, la guerra a chi da sempre esercita violenza attraverso il controllo militare, geopolitico e culturale di intere popolazioni in nome di una sua presunta superiorità, diventa allora un’ occasione di riscatto al male subìto .
Il terrore che colpisce i civili occidentali è lo stesso che provano quotidianamente i popoli mediorientali invasi dalle potenze del nord del mondo.
Un cadavere francese è forse più impressionante di un cadavere siriano?
Ridurre la vicenda modenese (e la questione bellica) ad una divisione tra buoni e cattivi “disneyana” è limitante quanto dannoso. Forse non ci rendiamo conto che, in questo modo, non facciamo altro che alimentare una spaccatura e uno scontro deciso dai sovrani.
Già nel 1991, sullo scenario della Guerra del Golfo, George Bush Senior benediceva le truppe statunitensi in Iraq per conto di Dio; così come l’anno seguente definiva il sanguinoso intervento in Somalia “a God’s work”. E visto che la mela non cade mai troppo lontana dall’albero, dieci anni dopo, il figlio dichiarava ch’era guidato da Dio nella guerra al terrorismo afgano ed alla tirannia irachena. In ognuna di queste “missioni di pace”, le potenze neoliberiste di tutto il mondo (Italia compresa) venivano chiamate a coalizzarsi contro la minaccia islamica.
Non è quindi una prerogativa del Califfato trovare il consenso maggioritario riempendosi la bocca con la parola di Allah o Dio, creare veri e propri martiri combattenti in nome di qualcosa di più grande . Ma gli interessi ideologici sono marginali per entrambe le parti in questa storia , tanto quanto quelli di tipo politico ed economico sono invece centrali .
Mentre questa o quella superpotenza si spartiscono questa o l’altra risorsa, territori o guide d’intere nazioni, i sudditi di tutto il globo si fanno la guerra a vicenda, legittimando così le brutali azioni dei propri governi. Come se non bastasse, in un tale clima di tensione, non si fa certo più caso se un comitato cittadino o una ronda di quartiere assumano i toni e le modalità dei fasci di combattimento di un secolo fa; nemmeno a Modena, dove l’onore partigiano è relegato alla celebrazione di facciata del 25 aprile .
Un ruolo fondamentale nell’ avvalorare il potere vigente lo svolge la complicità incosciente dei sudditi con i loro sovrani, e la vicenda di Vignola ne è intrisa.
Le magliette dei partecipanti alla fiaccolata della Lega, riportavano lo slogan “Sicuri e liberi in casa nostra”.
ILLUSI!
“Non esiste controllo poliziesco e militare che possa metterci al riparo dal gesto più tremendo e più facile: colpire nel mucchio.
Chi pensa di poter barattare le sue già magre libertà con la sicurezza promessa dallo Stato, perderà le prime e non otterrà la seconda.”
Credere alla “informazione” di Stato, al leghista o forzanovista di turno che chiedono più polizia e servizi segreti, ambiscono all’esercito nelle strade, a più telecamere e propongono di chiudere subito le frontiere ai profughi in nome della sicurezza, significa cadere nella loro trappola.
Se vogliamo scendere in guerra, che sia! Ma scegliamolo noi il nostro nemico!
Nessuna guerra tra gli oppressi, nessuna pace agli oppressori!
Fuori le truppe NATO! Fuori i fascisti dalle città!
Anarchici e anarchiche
antimilitaristi modenesi